ROMA. La bocciatura per il ministro della Giustizia, padre orgoglioso della legge Spazzacorrotti, davvero non ha precedenti. La «sua» Avvocatura dello Stato, l’organo deputato a difendere le leggi davanti alla Corte costituzionale, ha scrollato la testa ed è passata dall’altra parte della barricata. L’Avvocatura concorda con le critiche avanzate dagli avvocati, all’attacco della legge.
Nel febbraio scorso, appena approvata la Spazzacorrotti, quando ancora non era esploso il caso Formigoni, si pose per l’appunto il problema della irretroattività di queste norme. Ai parlamentari della commissione Giustizia fu subito chiaro che si apriva un enorme problema, e che i condannati per corruzione da quel momento sarebbero finiti in cella. A prescindere da quando era stato commesso il reato. C’era chi gongolava di fronte alle celle piene.
L’argomento faceva breccia. E allora Bonafede, che non è affatto uno sprovveduto dal punto di vista giuridico, rilanciò: «Una norma transitoria si può anche fare, per lasciare la possibilità di accedere alle pene alternative, - fece sapere - ma limitatamente a chi sia stato condannato con pena definitiva entro i prossimi mesi, e a chi abbia definito un patteggiamento».
In pratica, il Lodo Bonafede non avrebbe sanato la generale irretroattività della norma, ma «salvava» solo i pochi che avessero già il processo in Cassazione. Il classico bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto.
Spazzacorrotti, spezzacatene, spaccamuro è una favola anzi un incubo.
Vedo che non avete avuto tempo x dare la bella notizia.
Fate fare le leggi a Fofò DJ, questa è la conseguenza
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