, ed è una storia molto tesa da tutti contro tutti. Levata di scudi dei giocatori contro Aurelio De Laurentiis. Dito puntato verso l’allenatore, «reo» di non tutelarli abbastanza. Lo scenario, inedito, colloca Ancelotti nel suo ufficio ad assistere da lontano all’ammutinamento della squadra, pronto a sfilarsi dalla protesta: lascia lo stadio con il suo staff e torna in ritiro.
De Laurentiis è già andato in albergo, resta in contatto con i dirigenti e decide la strategia: ritiro sospeso e «e, soprattutto, «decisione sui ritiri futuri affidata esclusivamente ad Ancelotti». Al tecnico la patata bollente di gestire la polveriera Napoli, con l’inevitabile conseguenza che sarà lui a rispondere di prestazioni e risultati.
Ancelotti, invece, è rimasto alla finestra, consapevole naturalmente che certe cose non accadono per caso e, soprattutto, all’improvviso . Il cielo non è sereno da settimane e le frizioni nello spogliatoio, ancor prima della decisione del ritiro, erano frequenti. Costanti. Gli screzi con Insigne, le esclusioni tecniche di giocatori funzionali al progetto come Ghoulam. La squadra mal sopporta la composizione familiare dello staff tecnico: suo figlio Davide, 30 anni, in panchina con lui e suo genero Mino Fulco.
FA BENISSIMO, non gli pagherei nemmeno il prossimo stipendio, glie lo sospenderei e farei giocare i ragazzi della primavera, tanto è grave l'atto di ribellione dei giocatori pagati in quel modo nei confronti di un Presidente De Laurentis, che può avere tanti difetti ma lui PAGA.
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