“Quella volta che in collina trovai un tartufo da 3,20 etti” - La Stampa

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Il trifulau Luca Bannò li cerca nel Torinese. E ce ne sono anche alla Pellerina e a Superga.

09 Novembre 2019do capisce che è arrivata l’ora propizia per fare un giro in cerca di tartufi nei boschi del Rivalbese quasi impazzisce. E il suo padrone Luca Bannò, architetto 39enne di Sciolze, fatica a frenare l’entusiasmo del cane che ha addestrato in maniera certosina per la ricerca del prezioso «tuber magnatum pico», che oggi viene venduto a 370-400 euro l’etto.

«Infatti puliamo i boschi perché sono di tutti, chiunque può provare a cimentarsi nella ricerca del tartufo, qui non abbiamo riserve recintate perché noi siamo un’associazione di liberi cercatori – puntualizza ancora Bannò, rappresentante dei tartufai piemontesi in Regione – affittiamo o acquistiamo aree che poi “prepariamo” per coltivare il tubero, ma solo quello nero con le sue sei qualità, innestando querce, pioppi, noccioli, salici, tigli e carpini, le...

ricchi di carbonato di calcio, umidi e a fondo valle. Alla fine, però, perché sia una buona stagione tutto dipende dalle piogge e dal caldo. Comunque fino al prossimo 31 gennaio la stagione del tartufo bianco è aperta. «È come una malattia – ammette Bannò che è anche proprietario della ditta “I sapori della collina di Torino” –. L’amore per tutto il mondo che ruota intorno al tartufo me l’ha trasmesso mio nonno Alfredo Bertolin che era anche un

cacciatore e un abile addestratore di cani». E non dovete stupirvi se, a qualunque ora, vedete qualcuno lungo la Dora, al parco della Pellerina, nei boschi intorno a Superga o lungo i viali alberati va in cerca di tartufi. Perché questi funghi ipogei ci sono grazie proprio agli alberi che vengono curati. «Invece nei boschi intorno alla città, dove non esiste una regolamentazione precisa, vengono abbattute, ogni anno, migliaia di piante, danneggiando tutto l’ecosistema.

 

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