nella sezione preferiti e sull'app Corriere News.uale ormai noto «catastrofista delle culle vuote» mi sento indirettamente chiamato in causa tutte le volte in cui autorevoli esperti mettono in luce i problemi dell’invecchiamento demografico, enfatizzandone gli aspetti sanitari e previdenziali, ma soprattutto sottolineando come essi siano alle porte, se non già entrati a pieno titolo a minare gli equilibri socio-economici del sistema Paese.
Mentre cinquant’anni fa un uomo entrava a far parte del popolo degli «anziani» a 65 anni, avendo ancora davanti a sé – ai livelli di sopravvivenza attesi di allora – il 17% della propria vita, ai livelli di oggi gliene resterebbe ancora il 22,5% e si ritiene che tale quota possa ulteriormente accrescersi in futuro
. L’altro è rappresentato dalla parallela decrescita delle altre due componenti della popolazione: i giovani e gli adulti.
il catastrofismo delle culle vuote si giustifica col metterci di fronte al loro effetto sugli scenari di calo della forza lavoro che vanno prefigurandosi; si tratta di un modo per ricordarci che «la demografia si vendica di chi la dimentica»Se dunque si insiste nel mettere in luce le tendenze preoccupanti connesse al fenomeno delle culle vuote – osserviamo per inciso che
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