La scarsità dei chip alla quale molti commentatori attribuiscono la responsabilità per la contrazione dei livelli produttivi di vari comparti -- è un problema serio i cui effetti possono essere mitigati se le multinazionali IT decideranno di rivedere le loro strategie di gestione dell’obsolescenza dei propri prodotti e i governi adotteranno delle adeguate politiche dirette a riprendersi la sovranità tecnologica.
Hardware che funziona ancora benissimo e che sarebbe ampiamente sufficiente per le necessità personali e lavorative è messo fuori gioco non dalla “evoluzione tecnologica” ma dalla decisione consapevole e meditata di non aggiornare sistemi operativi , di non rilasciare driver di periferica per continuare a utilizzare stampanti, scanner e altri oggetti connessi e di cessare il supporto a tecnologie software.
Per molto tempo, almeno fino alla metà del 2010 circa, la responsabilità dell’essere forzati ad aggiornare il proprio parco IT è stata addossata al “patto non scritto” fra produttori di hardware e grandi software house per cui al crescere della potenza di calcolo delle architetture, doveva crescere il “peso” dei sistemi operativi e dei software in modo da rendere sempre inevitabile l’acquisto di nuovi computer.
Se oggi abbiamo l’internet che conosciamo è perché il governo USA, all’epoca, decise di rendere il TCP/IP uno standard di pubblico dominio, imponendo che fosse utilizzato per comunicare con. Questo ne ha favorito l’utilizzo in ogni ambito e in ogni luogo e ha innescato una trasformazione i cui effetti sono ancora da misurare.
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