Cala il sipario sulle indagini del Regio e si apre il secondo atto: la fase processuale. La Procura ha chiuso l'inchiesta che ha travolto il Teatro, passaggio obbligato per arrivare a un rinvio a giudizio.
Articoli del codice penale che svelano trame e sotterfugi, giochi di potere e interessi personali, appalti truccati, carriere artistiche ottenute con spregiudicatezza e non altrettanto talento, cartelloni pilotati. Tra le questioni principali dell'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Enrica Gabetta e dal pubblico ministero Elisa Buffa, c'è un presunto patto tra Graziosi e Ariosi, per promuovere l'agenzia del manager e farle ottenere una sorta di monopolio sul mercato.
Il regista teatrale tedesco de «La Traviata degli specchi», Henning Brockhaus, l'aveva denunciato apertamente, dicendo che Graziosi gli aveva chiesto una tangente da cinquemila euro per un ingaggio al Teatro dell'opera di Astana. E lo scenografo Ezio Frigerio, agli inquirenti, avrebbe raccontato di una tentata concussione: Graziosi gli aveva chiesto di aderire alla società di Ariosi per poter mettere in scena un suo spettacolo.
Tanti i personaggi che in questi mesi di indagine sono stati sentiti dalla Procura. E hanno svelato invidie e maldicenze, patti e vendette, tradimenti e inganni. Un nome, più di altri, è tornato nei loro racconti: quello di Roberto Guenno. Lui, secondo la Procura, avrebbe sfruttato le sue conoscenze politiche, tra cui quella con la sindaca Chiara Appendino, per promuovere Graziosi al ruolo di sovrintendente del Regio, ottenendo in cambio vantaggi e avanzamenti professionali.
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