di Gérard de Nerval con la stessa sensazione di quando rimetto piede sulla terraferma dopo una nuotata in un mare agitato. Per le pagine di tutto il libro corre una energia ondosa, si alza la schiuma di una turbolenza vitale e dall’immaginazione che trascina e non dà tregua.
Il passaggio a Oriente, verso Alessandria, Il Cairo, Beyrut, Costantinopoli, è uno straordinario tentativo di lasciarsi studio e analisi alle spalle, per attingere il livello superiore della conoscenza attraverso la visione, il sogno, la religione, il mito.
Le riflessioni storiche e antropologiche ci parlano di un viaggiatore che ha mantenuto ben salda la sua identità, con il suo frequente riferirsi alla epopea napoleonica, col suo frequente manifestare risentimento contro gli inglesi vittoriosi che l’hanno spenta, ma nello stesso tempo, proprio in contrasto con i «pettinati, imbrigliati, inguantati» viaggiatori inglesi, ricchi e sprezzanti, ha preferito diventare arabo tra gli arabi e turco tra i turchi, affittare una casa al Cairo...
Se è vero, come osserva Nerval, che «in Oriente, tutto diventa racconto», è altrettanto vero che in Oriente tutto diventa mito. Il dualismo cartesiano non approda alle rive del Nilo o del Giordano, i sensi diventano spirito, lo spirito si cala nei sensi. Il viaggiatore Nerval sembra vivere questa condizione all’estremo, al punto di affermare che l’hashish rende simili a Dio, perché fa volare l’anima allegra e libera nello spazio e nella luce.
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