Il promesso sposo che fa marcia indietro pochi giorni prima del sì paga l’abito nuziale non utilizzato e le spese sostenute dalla donna “rifiutata”.
La Corte di cassazione , pur sottolineando che la scelta del matrimonio è libera e incoercibile, ricorda che la rottura della promessa, senza un giustificato motivo, comporta l’obbligo di rimborso. Nel caso esaminato, il “fuggitivo” aveva provato a giustificare il suo ripensamento, prima con l’opposizione di mamma e papà alle nozze, salvo poi spiegare il gran rifiuto con il dubbio che gli era sorto sui reali sentimenti della sua fidanzata, probabilmente interessata solo ai suoi soldi.
La Cassazione spiega, però, che il giudizio di legittimità non è la sede più adatta per fare i “conti”. I giudici non credono neppure al fatto che la decisione di rinunciare al giorno più bello fosse stata presa di comune accordo, né che fosse arrivata, venti giorni prima dell’altare. Circostanza non da poco: in tal caso la domanda di risarcimento sarebbe stata intempestiva perché arrivata oltre l’anno previsto.
I giudici danno maggiore credibilità ai testimoni, secondo i quali il cambio di “programma” era stato comunicato solo sei giorni prima della fatidica data e la donna lo aveva subìto. Al ricorrente non resta che pagare: neppure tanto, se è vero che la libertà non ha prezzo.
E il resto?
Meglio pagare l abito che pagare poi l avvocato!!
Non resta che pagare se è vero che la libertà non ha prezzo.
😂
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