L'approccio in una grande città come Roma?
«Ci sono pressioni diverse, all'inizio è stato difficile, poi è arrivato tutto quello che mi aspettavo: io metto sempre il massimo, diventa più semplice ritrovarsi. Oggi mi sono un po' innamorato di questa città, per le sue bellezze, per la passione della gente verso la Roma».«C'è un'atmosfera particolare, come vivere ventiquattro ore al giorno di calcio.
«No, penso che le ragioni siano anche altre. Ad aprile eravamo terzi e in lotta per ogni competizione, ma gli infortuni arrivati tutti insieme ci hanno creato problemi. Io facevo il difensore, i ragazzi della Primavera erano titolari, avevamo un solo attaccante. Non è stato facile».«Ci sono stati episodi controversi, ma ormai è andata».Per lo scudetto, invece?
«È difficile. A gennaio sapremo qualcosa di più. Sperare non costa. Dobbiamo tornare a giocare la Champions. Vorrei tanto vincerne una».«Mah, non saprei. Vincere la Champions con il tuo club forse dà qualcosa in più. Ma al Mondiale bisogna andare, stavolta non possiamo fallire, non ci sono scuse».«No, anche se so che nella testa di un allenatore a volte girano certi pensieri. Il suo non è un compito facile».
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