Alcune protagoniste del film «Woman», presentato al Festival di Venezia. La pellicola, diretta da Anastasia Mikova e da Yann Arthus-Bertrand, è stata prodotta da sponsor come Bnp Paribas, sensibile al tema dell’emancipazione
Questa è la storia di duemila storie, quelle di altrettante donne di tutto il mondo che si sono lasciate intervistare mettendo da parte ogni pudore, e che sono ora raccolte in un film, «Woman», presentato con successo allo scorso Festival del Cinema di Venezia.
Cionondimeno le testimonianze restano negli occhi e nel cuore. Come quella drammatica di una donna messicana: «La cosa più coraggiosa che ho fatto è stato alzarmi davanti a un pubblico e dire: “Sono una sopravvissuta alle violenze sessuali e alla tratta delle schiave”». E un’altra: «Per scoraggiare mio padre che mi abusava ho tagliato i miei capelli e ho provato a sbarazzarmi della mia femminilità».
Si tocca il tema del ciclo, vissuto ora come una vergogna, ora come una conquista. E della malattia: il film, che si avvale di inserti, come la galleria dei nudi di tutte le età, ripresa in bianco e nero da Peter Lindbergh, il fotografo appena scomparso, raccoglie primi piani di donne prive dei seni. «Ho imparato a prendermi cura di me quando ho perso tutti i capelli per la malattia», racconta una giovane donna «sono diventata maniacale nel curare i dettagli.
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