La normativa europea in materia ambientale «ci rende non competitivi sui mercati globali». Lo dice ArcelorMittal Italia spa di se stessa. E lo dice in tempi non sospetti: nel giugno scorso, quando viene approvato il bilancio della società alla quale fa capo, da ottobre 2018, lo stabilimento ex Ilva di Taranto. E no, non sta parlando dello scudo penale. Ma dei costi ambientali che deve sostenere chi produce acciaio nella Unione europea.
Il passaggio completo si trova a pagina 26 della Relazione sulla gestione del 2018 ed è il seguente: «L’industria siderurgica Ue deve sostenere costi ambientali, come quelli legati alla riduzione della Co2, che i produttori extra Ue non hanno: il costo della Co2 è aumentato di circa il 230% dall’inizio del 2018, raggiungendo 25 euro per tonnellata.
Il paragrafo sui costi della normativa ambientale è anche l’unico dove la relazione sulla gestione esprime dei giudizi sul contesto nel quale la società opera. Il passaggio sul decreto Crescita che il primo maggio scorso ha modificato lo scudo penale per Ilva inserito dal governo Renzi si limita a registrare la modifica del decreto senza alcun elemento di giudizio.
La voce dei costi dei certificati per il Co2, prendendo per corretto il dato dei 45 euro per tonnellata di acciaio prodotta, significa per Taranto circa 230 milioni di euro di costi nel 2019. Anno nel quale lo stabilimento stimava in giugno di produrre 5,2 milioni di tonnellate di acciaio contro i 6 milioni stimati inizialmente nel piano industriale.
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