Non ci sono "dati indiziari" sufficientemente motivati dal gip e poi dal Riesame per sostenere che il presidente dell'assemblea capitolina Marcello De Vito e l'avvocato Camillo Mezzacapo - finiti in carcere il 20 marzo scorso - facessero parte del "gruppo criminale" guidato dall'imprenditore Luca Parnasi e fossero vittime del suo "metodo corruttivo".
"Le dichiarazioni di Parnasi - spiegano in 31 pagine di motivazioni i giudici della Suprema Corte - si risolvono nelle seguenti proposizioni: il convincimento maturato dal dichiarante circa l'interesse di De Vito al conferimento di incarichi a Mezzacapo, peraltro frutto non di mere impressioni personalistiche, bensì dal dato oggettivo della presenza dello stesso Mezzacapo, non altrimenti giustificata, all'incontro di presentazione con De Vito; il riconosciuto intento di...
La Cassazione poi definisce come "gravemente insufficiente sul piano della motivazione" la parte concernente il presunto atto contrario ai doveri d'ufficio che avrebbe compiuto De Vito quando, da presidente dell'assemblea del 14 giugno 2017, espresse il voto favorevole all'approvazione del progetto di realizzazione dello stadio e alle connesse varianti del Prg.
Finirà tutto a tarallucci e vino.
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