Ha ucciso per una sorta di “vendetta” sulla città dove aveva vissuto e dove erano maturate, amplificandosi sempre di più, la depressione e l’ossessione nei confronti» dell’ex compagna. In questo passaggio è riassunta la giornata del 23 febbraio 2019, in cui due vite si sono incrociate lungo il Po. Ecco cosa svelano le motivazioni del giudice Irene Gallesio, che per l’omicidio di Stefano Leo ha condannato Said Mechaquat a trent’anni di carcere.
Stefano, 33enne biellese, è stato ucciso sul lungo i Murazzi con una coltellata alla gola da una persona che non conosceva. Scelto a caso come vittima per «fare clamore». Un omicidio dai motivi futili, che Said aveva premeditato nei dettagli. Quella mattina aveva acquistato in un supermercato un set di coltelli da cucina. Poi, poco lontano da piazza Vittorio, si era seduto su una panchina.
Le motivazioni, ripercorrono l’esistenza avvelenata e tormentata di Said, che ha ucciso in maniera «eclatante», per avere una «sorta di rivalsa sul fallimento che lo aveva colpito in tutti gli aspetti della vita». Di sé, Said, 28 anni, aveva un’immagine grandiosa: «Realizzato sul lavoro, che guadagnava bene, che aveva successo con le donne. Una bella casa, un cane, una compagna, un figlio». Ma la realtà era ben diversa. La fidanzata lo aveva lasciato.
Le motivazioni raccontano l’escalation di un fallimento umano, il cui prezzo più salato è stato pagato da un ragazzo perbene che pensava a Torino come uno dei posti più belli in cui vivere.
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