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Rosso: “Quei soldi erano un contributo alla campagna elettorale”

L’ex assessore regionale per quattro ore dai pm: estraneo alla criminalità organizzata. Ma i pagamenti non sono stati rendicontati tra le spese per il votoL’accusa di voto di scambio politico–mafioso Roberto Rosso la rispedisce al mittente. Di un’eleganza casual, come suo solito, si è presentato al sesto piano della procura, convocato dai pm Monica Abbatecola e Paolo Toso. Durante l’interrogatorio di garanzia aveva fatto scena muta.

Onofrio Garcea e Francesco Viterbo? Arrestati anche loro il 20 dicembre, per la Procura sono i boss che l’ex assessore avrebbe pagato per ottenere dei voti. Il primo è considerato un emissario del clan Bonavota in provincia di Torino, arrivato dalla Liguria per riorganizzare i gruppi dopo le retate dello scorso marzo a Carmagnola. Il secondo è il suo braccio destro. Rosso afferma di non conoscerli.

Quei due gli erano sembrati gente normale. Almeno così ha detto ai magistrati. Arrivato il momento di pagare, poi, c’è stata qualche scaramuccia. Garcea e Viterbo vogliono i soldi. Rosso, dopo un primo acconto, non vuole versare il saldo. Il sostegno – ad esempio a San Gillio, dove abita Viterbo – era stato minore del previsto. C’è poi un particolare al vaglio degli inquirenti: la somma di 7.900 euro sarebbe stata l’unica a non essere rendicontata durante la campagna elettorale.

 

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