Sono stati perentori, i medici: mi hanno consigliato di dimenticarmi la tintarella con la stessa determinazione con la quale invitano un tabagista incallito a smettere di fumare. Dunque niente lunghe esposizioni ai raggi ultravioletti per la mia pelle, neppure con lo scudo di creme ad altissima protezione.
Il motivo? I tanti eccessi giovanili. Per tutta la vita sono stata smodatamente attratta dal sole. Ero come una lucertola, capace di stare quasi immobile per ore ad abbronzarmi incurante del calore. Fin da quando ero bambina per me il sole ha rappresentato un’irrinunciabile fonte di energia. Appena arrivava la bella stagione ero in prima linea per catturarne ogni raggio. E non solo al mare! In città camminavo sempre nella parte assolata della strada.
Ricordo che anni fa, durante una vacanza in Calabria, mi sono talmente bruciata da ritrovarmi con la faccia ricoperta di croste. Mi sono rivolta al farmacista, che mi ha dato una mano nel risolvere il problema, ma la lezione non mi è servita. Per 15 giorni mi sono rifugiata all’ombra, per poi riprendere con le mie solite cattive abitudini.
Certo, un po’ di tintarella è sana, mette di buonumore e permette di indossare abiti dai colori sgargianti. Senza dimenticare che il sole ci dà energia. Ma è fondamentale avere un senso della misura che io per prima non conoscevo. Tra l’altro quell’abbronzatura tendente al nero, ostentata dalle signore romane durante tutta la bella stagione, non mi piace più. La trovo cafona, volgare. Così, oggi il mio rapporto con il sole è radicalmente cambiato.
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