- 127,6 dei 196 miliardi del «Dispositivo di ripresa e resilienza» - sarà spesa in nuovi progetti aggiuntivi solo per 40 miliardi. Anche il resto dei prestiti verrà usato, ma per finanziare piani preesistenti a costi un po’ più bassi di quelli che il governo sosterrebbe sul mercato. In sostanza la quota netta di investimenti supplementari del Recovery Fund scende da 208,6 miliardi a circa 120.
Il fatto che il governo rinunci in partenza a 88 miliardi di investimenti supplementari è la spia di un’insicurezza di fondo: qualcuno deve temere che la politica e l’amministrazione italiane non siano in grado, oltre una certa misura, di eseguire nei prossimi anni investimenti validi: quelli con rendimenti positivi, che si ripagano da sé e dunque non creano problemi di sostenibilità del debito.