EconomiaCircolare.comhanno fatto un esperimento per verificare quanto siano chiare le informazioni su composizione e riciclabilità che si trovano nelle etichette dei prodotti. Ne è venuto fuori che c’è ancora molta confusione e che non è sempre facile capire se un materiale va nella plastica, fra la carta oppure è indifferenziato. Secondo la ricerca in 6 casi su 10 quello che dicono le etichette non è corretto.
A creare confusione sono le etichette: ce ne sono di diverse per lo stesso prodotto, per esempio la carta, ce ne sono con una grafica che non è chiara. I tecnici di Junker lo hanno rilevato su diversi dei prodotti analizzati. Non c’èindicati dalla Ue per i diversi prodotti. Non dappertutto la carta è blu e la plastica gialla nella codifica di differenziazione.
Per molti consumatori non è chiaro il codice che identifica il materiale. Per la carta è facile comprende un disegno con la scritta. Molto meno semplice identificare ilcomposto di tre frecce con gli angoli curvi, un numero e una sigla. Non sempre poi un codice che indica la carta abbia via di riciclo come tutte le altre: la carta forno, per esempio, non è riciclabile come quella da giornale.
Troppo generica, secondo chi ha fatto l’indagine, la richiesta che è su molti imballaggi, quella che dice di rivolgersi al proprio comune per la. Di regione in regione poi spesso cambiano le forme di differenziazione: in alcuni comuni il tubetto del dentifricio non va nella plastica perché ha dei residui, in altri invece sì. Esiste un decreto legislativo del 2020 che recepisce le direttive europee sui rifiuti.
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