14 Settembre 2019
In quella sala rischiarata da qualche antico lustro, un gruppo di appassionati discute intorno a una tavola imbandita, atmosfera carbonara. Pierre Lurton, 63 anni, uno dei maghi del vino francese, parla a ruota libera. Intorno a lui si passa dal francese allo spagnolo e viceversa, perché stasera è l’ora della verità: enologi dello Cheval Blanc e gli argentini del loro «fratellino», lo Cheval des Andes, assaggiano le annate del vino della Cordigliera.
Siamo nello «chateau» dello Cheval Blanc, a una quarantina di km a est da Bordeaux, al centro del vigneto, ordinato e suggestivo, di uno dei quattro «grand cru classé A» dei Saint-Emilion. È una proprietà di Lvmh, colosso del lusso di Bernard Arnault, che Pierre gestisce assieme alla terre ereditate dalla sua famiglia. I Lurton sono il frutto di cinque generazioni di vignaioli. Lui e i cugini totalizzano 1400 ettari di vigne fra le più care del mondo.
Lei è un nome dell’enologia e ha viaggiato in tutto il mondo, anche per inventare nuovi vini. Quali le altre esperienze più importanti? «In Sudafrica ho aiutato un amico produttore. Lì le correnti fredde dell’Oceano indiano rallentano la maturazione dell’uva. Poi ho frequentato la Napa Valley, dove entrano le brume in provenienza di San Francisco. Ho anche partecipato al principio all’avventura cinese dello Shangri-La, cantina di Moet Hennessy. Lì, per cercare il fresco si è arrivati nel Tibet, oltre i 2200 metri di altitudine».
Pierre Lurton: “Per fare vino ci vuole poesia. Le bottiglie blockbuster sono inutili” BIEB2019
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