Dopo i missili su Israele il prezzo del barile non ha mai smesso di scendere, indifferente alle nuove minacce dell’Iran e anche al giro di vite che gli Usa hanno già imposto a CaracasIl mercato del petrolio sembra aver messo da parte il rischio geopolitico, per concentrarsi su indizi di rallentamento della domanda e su segnali tecnici intelligibili soprattutto ai fondi algoritmici. Così le quotazioni del barile continuano a indebolirsi.
La speranza evidentemente è l’ultima a morire. E molti analisti continuano a dichiararsi convinti che in Medio Oriente non ci sarà un’ulteriore, grave escalation militare, né si verificheranno scenari capaci in qualche modo di compromettere le forniture di idrocarburi. In assenza di ulteriori tensioni, per Goldman Sachs il valore del greggio potrebbe presto scendere di altri 5-10 dollari al barile.
A maggior ragione non fa paura il giro di vite degli Usa contro il Venezuela, che dovrebbe avere un impatto limitato sull’offerta, quanto meno in termini di volumi. Il quadro è un po’ diverso se si guarda alla qualità dei barili: greggio pesante, “parente” di quello che il Messico – in gravi difficoltà produttive – proprio in questo periodoWashington comunque non ha esercitato la massima severità.
Di un permesso ad hoc godono dal 2022 anche Eni e la spagnola Repsol, cui Washington ha concesso di recuperare “in natura”, sotto forma di idrocarburi esportabili in Europa, gli enormi crediti con la compagnia locale Pdvsa.
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