È la noia che assale chi legge i romanzi stranieri o italiani – pochi generi e pochi modelli ribattuti all’infinito e con infinite pretese, ed editori che pubblicano tutto anche quando vendono niente – a far cercare inchieste contemporanee . Si spera in storie più vere, dirette, e nella scoperta o nel confronto con mondi meno monotoni, più istruttivi.
Due libri recenti raccontano, per esempio, “i poveri” e sono opera dello yankee William T. Vollmann, buon autore, più noto di quanto non merita, una sorta di giro del mondo con macchina fotografica al fianco; e della brasiliana Eliane Brum più giovane di lui di sette anni, che s’accontenta di esplorare il suo paese scoprendovi storie “di confine” ma anche centrali di uguale disagio e simile disperazione.
Nessuno dei due è Kapuściński e sa davvero collegare il piccolo al grande, il locale al planetario, però entrambi costringono il lettore, tenendolo sveglio, al confronto con la realtà di una gran parte del pianeta, con un mondo di affamati e, di oppressi e scontenti, anche loro in attesa di un cambiamento che quasi certamente non vedranno, e non vedremo.
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