Non è una mossa intelligente entrare in contrasto con l'intelligence e l'esercito mentre il Paese che governi è in guerra. E lo ha capito il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, chiedendo scusa per un post pubblicato sui social network la scorsa notte con cui addossava la colpa ai servizi di sicurezza e all'esercito per non essere riusciti a prevenire l'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre. Prima le accuse, poi la marcia indietro e infine le scuse.
Nel post di ieri, poi cancellato, il premier aveva ribadito di non avere responsabilità nel non essere riusciti a prevenire l'attacco di Hamas, sostenendo di non aver ricevuto alcun avvertimento sulle intenzioni dell'organizzazione islamista di iniziare una guerra contro Israele. Netanyahu puntava il dito contro le agenzie di sicurezza, in particolare il capo dell'intelligence militare dell'Idf, Aharon Haliva, e il capo dello Shin Bet , Ronen Bar.
Ma le sue dichiarazioni avevano suscitato un'ondata di polemiche: l'ex capo di stato maggiore israeliano e leader di Unità nazionale, Benny Gantz, aveva chiesto al primo ministro di ritirare la sua dichiarazione e di "smettere di affrontare la questione".
A lui si è aggiunto anche il ministro della Sicurezza nazionale e leader di estrema destra Itamar Ben Gvir: "Il problema non sono gli avvertimenti specifici, ma piuttosto l'intero concetto sbagliato. La politica di contenimento, la deterrenza immaginaria e l'acquisto di tranquillità temporanea a un prezzo esorbitante" sono la radice di tutto il problema".
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