La stanza di Joaquin Oliver, 17 anni, una delle vittime della sparatoria alla Marjory Stoneman Douglas High School il 14 febbraio 2018: i genitori hanno conservato tutti gli oggetti che testimoniano le passioni del figlio. .Il tassista la riconosce subito: «La scuola della strage». La Marjory Stoneman Douglas si erge bianca e deserta — in tempi di pandemia — accanto all’autostrada.
, in Florida, nel giorno di San Valentino di quasi tre anni fa. Con passo calmo, in pantaloni e polo, è sceso da un’auto Uber, ha estratto dal borsone un fucile AR15, alterato in modo da poter sparare come una mitragliatrice, e ha cominciato a far fuoco a caso in alcune classi del primo e poi del secondo piano.
Nella stanza di Joaquin il letto è fatto, i muri sono coperti da suoi ritratti. Aveva 17 anni. «Faceva tanto sport, adorava il calcio, seguiva anche il campionato italiano». Su alcuni oggetti c’è scritto il suo soprannome: Guac come guacamole. Incorniciato al muro, il cappello della laurea che non ha mai potuto indossare. Guac era preoccupato per le armi prima che lo fossero i suoi genitori.
. A Natale hanno sfornato 1.700 biscotti che rappresentavano i 1.700 bambini e ragazzi che ogni anno perdono la vita in sparatorie, e li hanno spediti alla National Rifle Association, la lobby delle armi, che ora sta cercando di sfuggire alle accuse della procura di New York dichiarando bancarotta e rifugiandosi in Texas.
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