Sa quello che gli hanno raccontato la madre e i fratelli: «Era duro, ma era anche dolce, solido. Un testardo molisano...». Sa anche che è seppellito a Marcinelle e che riposa tra quelle diciassette tombe rimaste senza nome.«I corpi erano straziati, carbonizzati, irriconoscibili: impossibile definirne l’identità.
Che mio padre fosse certamente tra le vittime lo abbiamo saputo grazie alla testimonianza della signora che gli affittava il misero alloggio in cui dimorava.La conversazione al telefono si ferma un istante, poi riprende. «Lo vidi due volte. La prima neanche la ricordo. Della seconda rammento qualcosa, senza nitidezza. Avevo quattro anni... LAbbiamo una foto di quel giorno: lui è dietro di me, mi appoggia il braccio sulla spalla... Poi non l’ho più visto. Tornò in Belgio, a Marcinelle. E fu inghiottito in quella sciagura» racconta il professor Cicora, originario di San Giuliano di Puglia, ultimo di sette fratelli ed l’unico tra loro a essersi laureato.Sono le 8 e 10 dell’8 agosto 1956.
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