C’è un corpicino steso sull’erba, appena abbattuto da due colpi di lupara: è quello di. Sullo sfondo quattro donne procedono a passi svelti verso quel piccolo cadavere: sono la madre e le zie, vestite di nero perché portano ancora il lutto per i figli e i mariti trucidati dal clan avversario. È il 19 gennaio del 1961 e il fotograforiesce con uno scatto a smentire la più grossa delle bugie: non è che la mafia non uccide i bambini.
Il senso del pudore si è “evoluto”, almeno secondo alcune sentenze della Cassazione dei primi anni 2000. A parte certi determinati casi – come quello dicon la famiglia che decise di rendere pubbliche le foto del cadavere per indagare sulla sua morte – oggi non troveremmo più le foto del piccolo, delle guerre di mafia in Sicilia, dell’escalation della mala a Milano, degli omicidi eccellenti. “Un tempo avere la foto del morto era più importante dell’articolo”, dice.