Non è un reato, ma rientra nella legittima difesa, la ribellione del detenuto che ferisce tre agenti carcerari per ribellarsi al pestaggio. E non importa se la “punizione” da parte degli agenti di custodia era scattata per un’offesa subìta proprio da una guardia. La Cassazione respinge il ricorso dei tre “secondini” contro la sentenza con la quale la Corte d’Appello aveva assolto il detenuto dal reato di lesioni, con la formula «perché il fatto non costituisce reato».
A descrivere le pietose condizioni in cui si trovava la vittima «la faccia come un pallone e maschera di sangue» era stata la psicologa, che si era coperta il volto nel vederlo, e aveva chiesto di metterlo in isolamento temendo per la sua incolumità, anche a causa dello stato confusionale. C’era poi la testimonianza del compagno di cella.
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