Howard Lutnick, l’amministratore delegato della Cantor Fitzgerald, una delle più grandi società di servizi finanziari del mondo, piange ancora quando racconta questa storia. L’11 settembre del 2001, nel momento in cui i due aerei colpirono le torri gemelle uccidendo 658 amici e colleghi, compreso suo fratello, una delle prime cose che gli vennero in mente furono le pass-word. Può sembrare cinico, ma non lo è.
“Tenga presente che erano passate meno di ventiquattr’ore dal crollo delle torri”, racconta Lutnick. “I vigili del fuoco stavano ancora cercando le persone tra le macerie”. Le famiglie non avevano ancora preso coscienza della loro perdita. Le conversazioni erano intervallate da crisi di pianto e strazianti silenzi. “È stato terribile”, dice. A volte ci voleva più di un’ora per fare tutte le domande, ma Lutnick cercava di non interrompere mai la telefonata.
Questi codici speciali sono un po’ come degli origami: piccoli atti creativi, spesso improvvisati, che nascono dalle situazioni più banali Queste password speciali sono un po’ come degli origami: piccoli gesti creativi, spesso improvvisati, che a volte nascono dalle situazioni più banali. Rachel sembrava essere d’accordo con me. Ha annuito, mi ha stretto la mano e se n’è andata.Chiedere a un estraneo di rivelare la sua password è una faccenda delicata. Se si insiste troppo, si rischia di passare per potenziali hacker. Se non si insiste, quella persona finirà col dire solo quanto odia le password.
Le password personalizzate servono anche a commemorare una perdita o a ricordare un cambiamento doloroso. Leslye Davies, la giornalista del New York Times che ha prodotto una serie di video per accompagnare questo articolo online, mi ha detto che la sua prima password di Face-book era “stroke911”, perché aveva aperto la sua pagina il giorno in cui il cugino aveva avuto un ictus.
La storia della password di Seinfeld mi ha affascinato: era così contorta che, quando la raccontavo, io stesso facevo fatica a seguirne il filo. La sua circolarità mi riempiva di ammirazione come le illusioni ottiche di Escher. Mi ricordava gli schemi intricati e autoreferenziali descritti dal filosofo Douglas R. Hofstadter inun classico del 1979.
Nel dicembre del 2009 un hacker dell’Europa dell’est che setacciava internet alla ricerca di siti vulnerabili ha trovato una miniera d’oro: il database di 32 milioni di password di RockYou, un’azienda che gestisce giochi online. Qualche settimana dopo, l’hacker ha deciso di rendere pubblico il database, che oggi rimane il più grande archivio di questo tipo accessibile a tutti. I nudisti del digitale erano ben rappresentati.
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