ad aver garantito la cittadinanza italiana al piccolo, gli antenati passati da Livorno prima di andare in Nord Africa e da lì immigrare in Israele. «Sono contenta di quel doppio passaporto per la mia famiglia, ma sono ebrea e israeliana, voglio che mio nipote cresca qui secondo le tradizioni del suo popolo».
Lo ha ripetuto nelle interviste, lo ha urlato fuori dall’aula del tribunale, ancora più agitata, agguerrita e determinata dell’che pure è stato il parente coinvolto nelle udienze.
Una missione da «salvatore» come si è autodefinito — «da grande Eitan mi ringrazierà» — per cui è indagato dalla Procura di Pavia ed è stato interrogato dalla polizia israeliana. «» ha attaccato Etty che è apparsa ai telegiornali con «un appello al popolo».
È attorno a questo desiderio di Tal e Amit, la madre e il padre di Eitan morti sul Mottarone, che gli strateghi assunti dai Peleg hanno costruito la comunicazione: «. Adesso è ferma nel parcheggio» ha raccontato Etty.
. Forse perché hanno cercato di dimostrare con i documenti e le testimonianze che la coppia non voleva tornare e che erano stati loro due a iscrivere Eitan in una scuola cattolica e non — come hanno sostenuto i Peleg — la zia Aya dopo la strage sulla cabinovia. È stata sempre Etty a presentarsi dieci giorni fa in un comando della polizia a Tel Aviv per accusare Aya di aver rubato gioielli, iPad, macchine fotografiche dall’appartamento di Tal e Amit.
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