«Se chiudo gli occhi e ritorno a quella giornata la sensazione è di vuoto assoluto». Federico Bernardeschi sente ancora oggi il dolore per la morte di. L’allora capitano della Fiorentina era in trasferta con la squadra. Non scendeva per la colazione. La porta della sua camera è stata aperta e il difensore è stato trovato morto in una stanza dell’albergo Là di Moret di Udine. Aveva 31 anni.
Il racconto parte da quei minuti. «Ho provato a chiamare i dottori della Fiorentina, persone che conoscevo benissimo. Nessuno mi rispondeva. Il dottore della squadra mi ha dato conferma sono scoppiato a piangere e anche adesso non riesco a parlarne. UAndare a letto la sera e non svegliarsi più la mattina dopo è una cosa che ti porta a tante riflessioni».
L’ultima volta insieme era stata in nazionale: «Fino alle tre del mattino in camera a mangiare noci e a chiacchierare di tutto: dalla famiglia fino al calcio e alla vita» racconta con il sorriso che non manca mai quando pensa all’uomo prima che al calciatore. «Un ragazzo puro, semplice. Quando trasmetti questi valori. Siamo visti come invincibili, ma siamo essere umani con debolezze, fragilità e punti di forza».
È un racconto fatto di aneddoti. «Arrivava da dietro e mi dava uno scappellotto. Diceva: “Tanto nella giornata uno te lo meriti”.. Amava scherzare, ma aveva sempre una parola buona, un consiglio da darti, sapeva tirarti su anche nei momenti difficili».. «Mi ha devastato a livello umano e personale perché è stato un momento magico con tantissima gente e tragico perché ci siamo tutti resi conto che lui non c’era più.
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