"So che vuol dire sentirsi soli. Conosco il vuoto che crea l'assenza di un saluto o di una mano a cui aggrapparsi. Ecco perché festeggiare qui la fine del Ramadan , in un luogo messo a disposizione dalla Chiesa cattolica diventa un momento di meravigliosa convivenza. Per me era un sogno e oggi è stato realizzato".
Tra i primi a volerla è stato don Felice Bacco, parroco della cattedrale dedicata a San Sabino. Che non ha esitato quando si è trattato di dare un aiuto a chi non ha una casa né una famiglia ma che doveva rispettare le regole della religione coranica."È stato naturale consentire loro di rispettare quanto la loro religione prescrive", sostiene don Felice.
"Nessuno qui deve sentirsi estraneo, siamo tutti uguali. Come dice l'enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, ci ritroviamo nello stesso Dio. La fede è diversa ma ci riconosciamo fratelli e questo è motivo di accoglienza", sottolinea il parroco. L'aria di festa si respira non appena si entra a Casa Francesco: i dolci tipici del mondo arabo, il rghaif ovvero il pane fritto col miele e sesamo e l'immancabile tè.
Sofia indossa uno djellaba, l'abito tipico del Marocco come suo figlio di sei anni."Chi durante il Ramadan è stato in questa mensa tante volte mi ha detto che si è sentito casa e oggi può assaporare anche le delizie delle nostre tradizioni", continua Soumia poco prima delle preghiere recitate assieme e chi festeggia la fine del mese sacro musulmano.
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