. Secondo questa impostazione, le annunciate riforme del premierato unite alle imminenti nomine dei nuovi giudici costituzionali rappresentano il chiaro sintomo di come anche la Corte costituzionale sia entrata nel mirino della attuale maggioranza di governo.
Partiamo dalle scelte dei Presidenti della Repubblica. I Capi dello Stato che si sono succeduti dal 1999 venivano da partiti di sinistra o culture di sinistra. Il che significa che i cinque membri in carica alla Corte costituzionale di nomina quirinalizia, salvo eccezioni, non potevano che riflettere quell'indirizzo.
Basti pensare ai pronunciamenti della Corte costituzionale sul nuovo codice di procedura penale entrato in vigore nel 1989. Il riferimento è a tre sentenze emesse nel 1992, la n.24, la n.224 e la n.225, che in qualche modo hanno stravolto l'originario assetto del codice di procedura penale accogliendo di fatto le istanze della magistratura, refrattaria ad accogliere le novità del processo accusatorio.
Esempi non esaustivi certo, ma significativi per dimostrare come a distanza di 76 anni dall'entrata in vigore della Costituzione sembra quanto meno azzardato gridare all'attentato all'autonomia ed indipendenza della Corte.
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