Il Covid, fungendo da catalizzatore su tanti cambiamenti in atto nella società, ha dato un forte impulso anche all’evoluzione del brand.
Negli ultimi lustri del secolo scorso, poi, il marchio si è sempre più andato affrancando da questa sua funzione tecnica di indicatore di origine, diventando anche e soprattutto uno strumento di «comunicazione, informazione e concorrenza» . La pandemia ha dunque colto il brand in mezzo a un guado, quando aveva già acquisito una centralità dai tratti largamente inediti nella vita delle persone e nell’ambito della società, ma mentre ci si stava ancora interrogando su quali fossero le implicazioni che questa sua nuova realtà avrebbe comportato.
Sulla medesima falsariga, ma in un’ottica decisamente positiva, si muovevano le riflessioni di Giuseppe Stigliano, Ceo di Spring Studios: «Il trend più significativo che percorrerà il 2020 sarà proprio all’insegna di questa semplificazione: siamo arrivati ad uno stadio di maturità del consumatore e delle aziende. Perciò emerge l’esigenza di semplificare, forse frutto di una crescente entropia e di un sovraccarico di stimoli, app, servizi.
Appariva dunque evidente che le distanze tra i brand e i consumatori si erano andate sostanzialmente annullando. Da un lato, i brand erano andati assumendo un ruolo sempre più diretto e centrale nella vita delle persone, diventandone dei veri e propri elementi identitari, atti a segnalarne l’universo valoriale di riferimento.
Michele Tesoro-Tess, The Reptrak Company, ha recentemente affermato che «viviamo ormai in un’era dove “ciò che sono” è più importante del “prodotto o servizio che offro” […]. La pandemia ha esasperato un trend che era già parte del business, ossia la necessità per le aziende di avere uno scopo nel mondo oltre a vendere i propri prodotti e servizi e a fare soldi».
Il concetto che in questa fase meglio identifica il rapporto tra il consumatore e il marchio, a mio giudizio, è: lealtà. Lo stesso autore ha cristallizzato questo nuovo approccio dei consumatori, sempre più severi ed esigenti, con parole nette: «La narrazione senza azione non è consentita: abbiamo di fronte pubblici sempre più attenti, critici e consapevoli».
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