, ha fatto scattare una sorta di «Me too» virtuoso tra i ristoratori milanesi. Vogliono raccontare le loro buone pratiche, come contraltare alla brutta fama che tanti altri colleghi si sono guadagnati a colpi di contratti «in grigio»., in viale Piave, dove lavorano undici persone, ci tiene a dirlo: «Sin dall’inizio, 17 anni fa, abbiamo deciso che la domenica e il sabato mattina avremmo chiuso».
Roccavilla, ma davvero il riposo nel fine settimana è la chiave per trattenere o attirare i dipendenti in un ristorante? «La mia esperienza dice questo: piuttosto che qualche soldo in più in busta paga vale la domenica con i propri familiari o con gli amici».«I miei genitori erano entrambi infermieri, lavoravano su turni e quando erano entrambi a casa in un fine settimana era una festa. Ricordo che al sabato mattina mio papà mi portava al mercato di via Fauché».«Diciamo che questo vissuto mi ha dato la sensibilità giusta.
«Si parte da 1.400 euro e si arriva a 3.300. Ma le ripeto, a fare la differenza sono la qualità e la flessibilità del tempo di lavoro. Cioè, oltre al riposo nel fine settimana, anche la disponibilità a venirsi incontro se ci sono esigenze personali e di lavoro».
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