a madre, insegnante, lo portava fin da piccolo - facendogli marinare la scuola - ai Musei Capitolini: «Vedi Jacopo, quello è Michelangelo, laLo racconta con tono scherzoso, ma faccia serissima, Jago, 32 anni, al secolo Jacopo Cardillo nativo di Frosinone e con Napoli nel cuore. Rievoca la profezia con il tono ironico e immaginifico che usano sotto il Vesuvio anche quando si parla delle cose più alte, da Maradona a Dio.
L’artista, però, ama tutte le proprie «creature» , ma in modo speciale l’ultima, quella cui sta lavorando oggi: «Mi impegna 15 ore al giorno, sarà più grande delle precedenti, e conterrà un messaggio ancora più politico e potente, ma il punto vero è un altro: per la prima volta verrà documentata non tralasciando nemmeno un secondo del rapporto tra scalpello e marmo».
L’opera nell’opera. Un docu-reality che testimonia l’incontro tra l’artista e il blocco di marmo fin dall’attimo in cui viene calato, intonso, nel suo laboratorio. E mentre Jago comincia a «sbozzare» la figura con l’abilità di un chirurgo della pietra, una telecamera ne segue ogni mossa. «Io non utilizzo nessuna tecnica contemporanea, ma solo lo scalpello» spiega.
Napoli per amore, New York per l’opportunità di lavoro: «Me ne sono dovuto andare perché in Italia non c’era nessuno che potesse sostenermi: ecco il paradosso. Per fare qualcosa per l’Italia bisogna andare altrove: qui torno a casa con il cuore e mi sento responsabile per il mio Paese».n rivoluzionario, più che uno scultore, Jago. E definisce la sua arte «un modo per stringere rapporti sociali».
Prima volta che ne sento parlare. In compenso, ho la timeline intasata di Sanremo2020 . Non mi piace passare per elitario passatista, ma su questo dovremmo davvero riflettere.
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