«Io sono ancora più severo e meticoloso: chiedo ai miei “allievi” di fare cinque gesti “pensati” al giorno, tra cui un minuto di meditazione al mattino e un’autocelebrazione la sera.Fermarsi, riflettere, respirare
Sono gesti quotidiani. Eppure scontati perché non c’è mai tempo da perdere, c’è la cultura della perfomance che ci assilla. La rivoluzione della gioiaracconta la storia di Anshu Bhide, 23 anni, indiana di Mumbai: un giorno ha urlato affacciandosi alla finestra e ha pubblicato un video on line. Ha iniziato a farlo due volte al giorno, ovunque si trovasse, senza badare a chi fosse nei paraggi o a cosa stesse facendo. In un parco, sul treno, al mercato, in un bar, nella sua camera da letto, in un tempio. A volte piangeva. A volte si accovacciava come un animale. A volte stava ferma. A volte ballava.L’urlo della sofferenza.«Gridare è facile, ma non serve. Il nostro primo passo deve essere invece quello di diradare la nebbia con la conoscenza.
Purché anche questa sia consumata all’istante e poi dimenticata. Ma per vivere bene l’unica via è la gioia interiore. Se torniamo a usare le parole con profondità possiamo tornare al vero senso delle cose in una dimensione di equilibrio e umanità».La gioia come scelta consapevole, dunque. «Io aggiungerei, però, anche il concetto di trasformazione»«Perché è una forza creativa potente che abbiamo tutti dentro. Si tratta di una spinta che arriva dal cuore, dall’anima. Ed è l’unica chiave che permette di farci stare bene.
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