La sua scoperta fece infatti una grandissima sensazione in tutto il mondo. Il metodo scelto fu il trasferimento del nucleo di una cellula somatica che poi venne indotta ad avviare lo sviluppo del feto, poi impiantato in una pecora adulta. Dolly, infatti ha avuto tre madri: una che ha fornito il nucleo del DNA, un’altra la cellula embrionale senza nucleo e, infine, la madre surrogata.
Già pochi anni dopo la nascita, Dolly dava segno di invecchiamento precoce, come una forma di artrite molto debilitante. Segno che la natura non tollera scorciatoie, e che il ricombinamento di materiale genetico durante la riproduzione ha una sua precisa ragione di essere? Forse, ma ben 13 esemplari di pecora clonati successivamente, con lo stesso patrimonio genetico, non hanno mostrato sintomi simili di senescenza prematura.
Non solo: il sacro Graal della clonazione animale oggi si chiama de-estinzione. Ovvero, riportare in vita specie scomparse. Potremo prima o poi tornare ad ammirare la maestosa bellezza del mammut o della tigre della Tasmania? Alcuni ricercatori sono fiduciosi. Ci crede soprattutto la Colossal, un’azienda americana fondata due anni fa dal genetista George Church e dall’imprenditore Ben Lamm, che in passato aveva lanciato Hypergiant, società incentrata sull’intelligenza artificiale.
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