Una mattina di febbraio del 2017, Amimour scrive un’email a Georges: «Vorrei conoscerti». «Che cosa vuoi?», risponde lui, incredulo. «Parlarti, mi sento anche io vittima di mio figlio».
Per mesi i due padri si studiano per conoscersi e riconoscere insieme quella ferita che paradossalmente li univa Inizia Salines: «Era venerdì 13, ma io non sono superstizioso. Avevo visto Lola in pausa pranzo, in piscina. Ci siamo scambiati delle banalità.. Quella sera non sapevo fosse al Bataclan, ci è andata all’ultimo perché un amico aveva un biglietto in più. Dopo cena mi sono messo a leggere, come al solito. Stavamo dormendo quando verso l’una ha squillato il telefono, era mio figlio più grande, Clément. Ha risposto mia moglie Emmanuelle.
In un primo momento Salines e la sua famiglia non vogliono pensare al peggio e si appellano alle statistiche. «Se al Bataclan c’erano 1500 persone circa, e i morti erano 90, c’erano più probabilità che Lola fosse tra i vivi. Magari nel casino aveva perso il cellulare, o era ferita. Quella notte e la mattina dopo abbiamo chiamato il numero di emergenza centinaia di volte, ma le linee erano sempre occupate».