Una donna dal nome favolistico, Alice – rientrata a Napoli dopo anni di vita in America per il funerale del padre – reincontra se stessa bimba e adolescente. E dai capitoli archiviati e rimossi della vita passata emergono,, brandelli di un trauma sepolto.Un film sul tempo e sul potere straordinario della memoria. Che avrà sollecitato ricordi anche in lei.io sono in scena sempre, non c’è mai stata pausa nella tensione emotiva sul set. E ci sono stati momenti molto intensi, anche duri.
Mio padre è mancato che io non ero ancora un’adulta, avevo solo 17 anni. Tutto è cambiato nella mia famiglia in quel momento. Io ho dovuto rivestire il ruolo di madre di mia madre distrutta dal lutto, lo amava tantissimo… Mio padre era un padre severo, autoritario: anche se poteva fare il burlone, sapeva esattamente quello che voleva, anche da me. Mi obbligava, mi costringeva in tante cose… Era un padre anche difficile. Mia madre era semplicemente materna.
La famiglia è davvero un luogo traumatico, non è sicuramente un luogo pacificato, lì si svolgono vicende di grande intensità nel bene e nel male, ma temo più nel male… Io condivido questa lettura di Cristina. È stato bello e forte tornare a lavorare con lei. Sembra una donna dura, ma in realtà in lei c’è tanta tenerezza. È come un’adolescente, è piena di dolore, ma anche – o forse proprio per questo – di empatia.
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