La recente decisione della Corte europea dei diritti umani di rifiutare una serie di ricorsi provenienti da coppie dello stesso sesso ed eterosessuali in Italia s’inserisce ne già acceso dibattito sulla maternità surrogata e la genitorialità omogenitoriale. Le coppie ricorrenti cercavano di ottenere il riconoscimento ufficiale in Italia degli atti di nascita dei loro bambini nati tramite maternità surrogata all'estero.
Questa decisione mette in risalto le limitazioni che ancora esistono nell'ambito del riconoscimento giuridico del vincolo tra un figlio e il suo genitore non biologico, in particolare in contesti di genitorialità omogenitoriale e di maternità surrogata. In Italia, ad esempio, alle coppie dello stesso sesso è consentita solo la cosiddetta"stepchild adoption", l'adozione del figlio del partner.
La decisione della Corte ribadisce la sua precedente giurisprudenza sulla maternità surrogata, sostenendo che gli Stati membri hanno un ampio margine di discrezione su come riconoscere il vincolo tra un figlio e il suo genitore non biologico. Occorre però rilevare, come punto di particolare importanza, che la Corte ha inoltre sottolineato che qualsiasi meccanismo di riconoscimento scelto dovrebbe essere celere e garantire una genitorialità piena.
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