na lettrice scrive a Donna Moderna e invita i genitori a essere rigorosi quest’anno sulla malattia dei figli, a costo di rimetterci sul lavoro. Un tema delicato sulla responsabilità di genitori e di cittadini
«Vivo nella provincia pisana e ho lasciato un impiego pubblico per dedicarmi a tempo pieno a un progetto digitale iniziato per gioco mentre ero incinta del mio primo bimbo. Ho aperto la partita Iva e iniziato a lavorare da casa, adattando i miei tempi a quelli dei miei bimbi, Marco e Giacomo, che oggi hanno 9 e 4 anni. Con il Covid mi sono ritrovata a lavorare nello stesso spazio dove un figlio giocava e l’altro faceva i compiti.Ora basta. Ora tocca a noi.
Li ho visti guardinghi e ho udito frasi che mai avrei immaginato. «Io il figlio a scuola malato non ce lo mando, ma gli altri sì». Gli altri? Gli altri chi? Io i figli malati li tengo a casa, perché non dovrebbero farlo anche “gli altri”? Ho scoperto che parecchi genitori fanno andare i bambini a scuola, anche se sono malati, per non prendere un permesso straordinario rischiando di subire decurtazioni di stipendio. Con lo scoppio della pandemia ho fatturato un quinto dello scorso anno. Ho stretto i denti e la cinghia. La mia scelta di vita l’ho fatta, e sto scontando il prezzo della mia libertà.
Ma voi, voi se siete dipendenti e avete delle sicurezze, per una manciata di euro volete paralizzare un Paese? I bambini a scuola mandateli se state tutti bene, sennò tutti a casa. Vi tolgono gli euro dallo stipendio? Saremo tutti più poveri, maSe un bimbo va a scuola con la febbre o con un genitore che ha sintomi da Covid, rischia di fermare un Paese intero.
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