Il Giro d’Italia, il più lungo racconto popolare che il nostro Paese si tramanda di anno in anno, si snoda non soltanto per tappe ma soprattutto per «luoghi dell’anima». Cosa sono i luoghi dell’anima? In letteratura corrispondono a ciò che Aristotele chiamava lo «spirito vitale», il vento che soffia su un luogo e lo rende unico per fascino, risonanza, incanto.
Si passa da Asti, si passa da Paolo Conte che al ciclismo ha dedicato due canzoni memorabili: «Diavolo rosso» e «Bartali». Conte appartiene a quella razza antica di autori che danno il meglio di sé nell’opera, si annullano nell’opera. Non hanno bisogno di formulare una poetica perché possiedono il dono di trasformare le note in immagini.
Si passa da Alba, si passa da Angelo Gaja. Gaja non è solo il signore delle vigne, il custode di un prezioso tesoro della nostra enologia, il produttore rivoluzionario che ha reso celebre il vino italiano nel mondo.
Ecco, i 190 km della Biella-Canale li seguirò con queste due guide ideali perché il ciclismo merita solo l’eccellenza. Da tempo, il Giro è diventato un’istituzione e nelle sue tappe si rispecchia l’evoluzione sociale ed economica del Paese. Senza abusare delle trite metafore, la più bella corsa a tappe è un «amore infinito», un «luogo della memoria», una sorta di grande album di famiglia su cui si fonda la nostra identità, una storia «minore», piena di nostalgie, aneddoti ed entusiasmi, capace però di integrare quella «maggiore».
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