Nella prima metà degli anni Sessanta la giornalista Gabriella Parca girò per l’Italia per interrogare un campione statisticamente significativo di uomini a proposito dei loro comportamenti in ambito sessuale, e più in generale sui loro rapporti con le donne. Il risultato di questa indagine sociologica, che non aveva precedenti in Italia, fu pubblicato per la prima volta nel 1965 in un saggio intitolato.
Solo le confidenze di varie donne del Sud, donne semplici, certo non guastate da sovrastrutture intellettualistiche, ci fanno capire quanto siano vicine a uno stupro certe prime notti di nozze. Il racconto dei mariti può solo farcelo intuire. Pianto, dolore fisico, rifiuto, sono considerate reazioni normali, e in fondo rappresentano una garanzia dell’“onestà” passata e futura della moglie.
L’atto sessuale è infatti in molti casi una cosa strana, ed estranea, che viene compiuta sulla donna e che lei deve semplicemente subire. È difficile non restarne disturbata. “Era spaventata, piangeva, ha sofferto,” dice un operaio lucano di 40 anni. “Dispiaceva anche a me, ma il matrimonio è così”. “Si mise a piangere, poverella!” gli fa eco un pescatore campano di 36 anni. “E poi è successo un fatto troppo strano, che non ho mai detto a nessuno… Per un paio di notti aveva tanta di quella paura, che non riuscivo proprio a niente. Si stringeva per la paura, e io non potevo entrare. Poi, alla terza notte, è andata bene”.
Egli aveva allora 35 anni ed era fidanzato da dieci. Di questo periodo ricorda: “C’erano stati baci e carezze soltanto. Attraverso gli abiti io le sentivo il seno e lei sentiva il mio sesso”.
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