«Facciamo una torta con i libri!». Quando le hanno chiuso di nuovo la scuola, mia nipote Beatrice, tre anni, ha voluto disporre per terra tutti i libri che possiede, formando un enorme tappeto sul quale ha cominciato a rotolarsi .è fatto e non trova quindi la propria storia. L’ho imparato da Dante , che ha descritto in pochi versi l’essenza del rapporto tra maestro e discepolo.
, perché la grandezza dell’umano non è qualcosa che si raggiunge per età o successo, ma è già tutta lì. Si tratta di portarla a compimento e i maestri esistono per aiutare a farlo: dare luce e dare alla luce. Brunetto infatti si rammarica: «s’io non fossi morto,/ vedendo il cielo a te così benigno,/ dato t’avrei a l’opera conforto».
. L’eredità dei maestri sono infatti le vite «eterne» dei discepoli. Per questo noi ricordiamo i maestri che ci hanno guardato in modo unico, ci hanno fatto «sentire grandi» , ridimensionando la nostra paura di non essere abbastanza o all’altezza, oggi evidente nella forma dell’ansia, prodotta dalla cultura della perfezione e della prestazione . Attraverso un libro, uno sguardo, una chiacchierata...
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