, nel 2014, quando era appena uscito per NN editore. Ero in attesa del secondo figlio, avevo un lavoro che nel tempo si era trasformato in qualcosa che in realtà non desideravo più, vivevo ormai da vent’anni lontano dalla mia città di origine e leggendo questo diario particolare ho pensato: “Eccomi sorella, non sei sola!”.
Rileggendo il libro a distanza di quasi dieci anni, ho ritrovato nel suo racconto introspettivo qualcosa che spesso trovo in me, e in tante, pensando di non essere mai abbastanza per. Per il lavoro, per i figli, per il matrimonio, per il posto che occupano nel mondo. L’autrice non utilizza la forma del romanzo propriamente detto, ma sviluppa la storia come se fosse un diario costruito con periodi brevi, aneddoti, riflessioni, citazioni letterarie attraverso cui leggere la vita, tutto montato in una sorta didi una donna in cerca, forse, di quella che sembra felicità; o quantomeno di stabilità ed equilibrio.
“Il mio piano era di non sposarmi mai. No, io volevo diventare un mostro d’arte. Le donne non diventano mai mostri d’arte, perché i veri mostri d’arte si preoccupano solo d’arte e mai di cose terrene. Nabokov non si chiudeva nemmeno l’ombrello, era Vera che gli leccava i francobolli”Arriva poi il momento del confronto con il mondo che ha intorno, dove tutto sembra perfetto, tranne lei:
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