“Ho iniziato circa 12 anni fa, ero alle scuole medie e avevo dei compagni di classe che già utilizzavano lo skateboard. Quando c’era qualche festa o qualche incontro fuori dalla scuola, loro lo portavano e io provavo giusto per divertimento. Poi un giorno mio padre è arrivato a casa con un articolo di giornale in cui si diceva che a Torino avevano aperto uno skatepark al coperto, che si chiamava Amante Casella, in cui facevano anche lezioni di skateboarding.
Dal momento che lo skate è molto soggettivo ed è un modo per esprimere se stessi, vedo questa ricerca di standardizzazione come un annientamento dell’aspetto caratteristico dello skateboarding e cioè della personalizzazione che ognuno dà nel fare i propri tricks, ossia le acrobazie. Ogni skater ha un massimo di 2/3 run da 45 secondi l’una. Lo scopo è quello di completare una run facendo più tricks possibili e senza sbagliare .
Quando ho iniziato non era molto diffuso tra le donne ma credo che l’aver sempre skateato con uomini mi abbia permesso di alzare il mio livello. Fortunatamente vedo sempre più ragazze avvicinarsi a questo sport, e questo non può che farmi un immenso piacere”.
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