Quasi mezzo secolo di musica e parole. Dischi prodotti e canzoni scritte. Quattro festival di Sanremo vinti assieme agli Homo Sapiens con un brano come Bella da morire nel 1977, a Eros Ramazzotti nel 1984 con Terra promessa e poi nel 1999 con Anna Oxa e la bellissima Senza pietà fino al 2003 quando con Alexia torna a trionfare all’Ariston con Per dire di no. Questo e molto altro è, un pezzo di storia della musica leggera e della discografia.
«Partiamo dal presupposto che a me Mahmood e Madame piacciono, Madame mi fa proprio impazzire. Vedo, però, che hanno testi molto ermetici. Secondo me il testo di una canzone non dovrebbe essere spiegato. Questo è sempre stato lo scopo delle canzoni come le scrivevamo noi boomer, come si dice oggi.
Mogol in una intervista di qualche mese fa ci ha spiegato perché non gli piace essere chiamato paroliere. A lei piace questa definizione? «Il ricordo più lontano risale a quando avevo 9 anni. Mio padre mi portò con lui nello studio in cui c’era Renato Carosone che stava registrando Torero con tutto il suo complesso. E poi il batterista Gegè Di Giacomo fece per me un piccolo show con bacchette e bicchieri, picchiandole alla fine sulla mia testa. Fu molto carino. Poi rividi Carosone quando partecipò a Sanremo, prodotto da Claudio Mattone .
Cosa pensa della tristezza che in alcuni casi sfocia nella depressione di artisti anche giovanissimi come Sangiovanni o Mr Rain confessano un disagio così profondo?
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