«Essere una scrittrice nera non è un brutto posto da cui scrivere. Non limita la mia immaginazione, la espande». Lo diceva Toni Morrison, morta ieri a 88 anni, a New York, per le complicazioni di una polmonite.per la letteratura, è stata una delle penne più potenti della letteratura americana del Novecento.
Il suo nome vero era Chloe Anthony Wofford, ed era nata in Ohio, nel 1931, da una famiglia operaia, arrivata dall’Alabama per fuggire al razzismo ancora radicato al Sud., perché gliele raccontava il padre: i loro protagonisti e le vicende che vivevano sarebbero diventate l’anima della sua produzione letteraria. Toni studiò all’università Howard di Washington e si laureò in Letteratura inglese, che poi, a sua volta, insegnò in tanti atenei.
Diceva: «Scrivo per farvi entrare nella pelle degli altri», ed è riuscita a spiegare efficacemente che cosa significa essere una donna nera negli Stati Uniti, una discendente degli schiavi. Voleva che la società superasse finalmente le segregazioni, e che lo facesse a partire dalla letteratura: «Se io scrivo di afroamericani, i critici mi definiscono, se John Cheever scrive di bianchi del New England, la discussione s’impronta sulla complessità del racconto.
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