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Tra i giovani innovatori: “La politica ci ostacola. Chiediamo solo stabilità”

sti da qui, il nuovo governo giallo rosso, le consultazioni al Quirinale e sul web, i balletti e i minuetti sembrano roba dell’altro mondo, o di un altro evo. Milano, quartiere Isola, palazzo pieno di startup e di ragazzi in carriera oltraggiosamente giovani che vestono informale, si esprimono in itagliese, vivono al computer e davvero non riescono ad appassionarsi ai rituali della politica.

Ascoltiamolo: «La politica? Noi vorremmo soprattutto stabilità. Non abbiamo mai chiesto favori né ne abbiamo mai ricevuti. Sono venuti a trovarci in molti, e se la politica ha voglia di un confronto sa chi siamo e dove trovarci. Ma è difficile costruire qualcosa in un Paese che sembra perennemente in campagna elettorale. Il punto non è essere tifosi di un partito, è farsi un’idea precisa di cosa serve all’Italia.

Altro giro, altri ragazzi in gamba, anche più giovani, stesso scetticismo. Alessandro Raschi, 25 anni, di Magenta, «business analist» di Fintech District, comunità che riunisce oltre 120 startup: «Io lavoro per rendere semplice un argomento complesso come la finanza. Mi sembra che si dovrebbero fare lo stesso con la politica, che altrimenti resterà sempre lontana». D’accordo, ma tu avresti votato su Rousseau il gradimento al Conte-bis? «No.

«La politica? Cerco di seguirla, sì». Anche perché Silvia Squaciotta, 26 anni, di Prato, è «investor relations» di Lita.co, una piattaforma francese che trova investimenti per progetti imprenditoriali a impatto sociale e ambientale positivo, quindi la politica deve seguirla. «Presto faremo un tour in sette città italiane. Mi piacerebbe invitare un ministro, ma chi invito? L’instabilità non ci aiuta. Noi lavoriamo in Francia, Belgio e Lussemburgo.

 

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Peggio della politica ci sono solo i giornalisti politicamente schierati

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