Prima che voi vi alziate dal letto, Silvia Salis ha già corso 10 chilometri. «Mi sveglio e sto un’ora sul», spiega. Ogni mattina? «Ogni mattina». In effetti Salis, ex atleta, di strada ne fa e ne ha fatta. Da figlia del custode del campo di atletica, a Genova, alle Olimpiadi come lanciatrice di martello, fino alle più alte cariche: è la prima vicepresidente vicario del Coni – «Anche se sognavo di diventare sindaco da piccola».
La riforma dello sport, che prevedeva il passaggio dal dilettantismo alle garanzie del professionismo, molto attesa soprattutto dalle calciatrici, è stata rimandata dal governo al 2024. Il Coni l’ha osteggiata. Perché? «Chiariamo che in Italia tutti coloro che fanno sport sono dilettanti, maschi e femmine, a parte in quattro federazioni in cui i maschi sono professionisti nelle serie maggiori . Il professionismo richiede risorse economiche che le federazioni non hanno: è sicuramente un’urgenza la riforma, ma è il governo che stanzia i fondi, non lo decide il Coni».«Emanciparsi dagli stereotipi degli sport “da maschio” e “da femmina”.
E a quelle atlete cosa serve? Il caso della pallavolista Lara Lugli licenziata perché incinta ha fatto discutere. «Con la commissione atleti del Coni tre anni fa ho lavorato sul fondo di maternità per le sportive, 10 mila euro. Tanto? Poco? È il cosiddetto piede nella porta, ma un’ammissione importantissima sul fatto che lo sport è un lavoro, in attesa del professionismo».«È stato un grande sogno realizzato, anche se non ho mai preso medaglie.
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