Se lo smart working frena l’attività di geometri, ingegneri e commercialisti

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Smart ma non per tutti. Soprattutto per chi ogni giorno deve bussare per lavoro alle porte della pubblica amministrazione. Geometri, ingegneri, architetti, commercialisti alle prese con uffici del Catasto, Agenzia delle Entrate e Genio civile in smart working. Ma il confronto con chi lavora in remoto rappresenta un problema in più per i professionisti. Perché tutto, in questa fase, è diventato più farraginoso: dagli appuntamenti nei Comuni per una pratica edilizia alla digitalizzazione degli archivi che in molti casi restano ancora cartacei. Una banale visura ipocatastale? «Dipende. Ma l’attesa può superare il mese». Parola del vice presidente del comitato regionale dei geometri Marco Castellino. Ma pure i dati al contrario fanno riflettere: ad esempio quasi nessuno dei dipendenti del tribunale di Cuneo è mai stato in smart working. Motivo? «Difficoltà a svolgere le loro attività da casa» segnalano i sindacati della Cisl. Dunque la strada è ancora lunga per raggiungere quella fatidica soglia del 60% di lavoratori del pubblico impiego che in futuro, secondo le previsioni della ministra Fabiana Dadone, potranno lavorare stabilmente in remoto. Ma perché il dato non resti un libro dei sogni serve concretezza. E soprattutto efficienza e digitalizzazione. Invece? «Sembra che la pubblica amministrazione non sia a servizio ma contro il cittadino – prosegue Castellino - . Bussare alla porta di un ufficio in certi casi è un delirio. Serve un vero ripensamento. E si poteva iniziare per tempo: digitalizzando ricerche che in certi Comuni si fanno ancora come 100 anni fa». Giampiero Caramello è geometra a Mondovì. Dice: «Lo smart working rischia di far perdere alla nostra categoria fino al 50% della capacità produttiva». E se da coordinatore di Forza Italia bacchetta la ministra Dadone, dall’altra racconta così la lotta di Davide contro Golia alle prese con il lavoro agile altrui: «Lunghe attese anche solo per avere un appuntamento con gli uffici pubblici. Molti Comuni - prosegue

Smart ma non per tutti. Soprattutto per chi ogni giorno deve bussare per lavoro alle porte della pubblica amministrazione. Geometri, ingegneri, architetti, commercialisti alle prese con uffici del Catasto, Agenzia delle Entrate e Genio civile in smart working. Ma il confronto con chi lavora in remoto rappresenta un problema in più per i professionisti.

Dunque la strada è ancora lunga per raggiungere quella fatidica soglia del 60% di lavoratori del pubblico impiego che in futuro, secondo le previsioni della ministra Fabiana Dadone, potranno lavorare stabilmente in remoto. Ma perché il dato non resti un libro dei sogni serve concretezza. E soprattutto efficienza e digitalizzazione.

Invece? «Sembra che la pubblica amministrazione non sia a servizio ma contro il cittadino – prosegue Castellino - . Bussare alla porta di un ufficio in certi casi è un delirio. Serve un vero ripensamento. E si poteva iniziare per tempo: digitalizzando ricerche che in certi Comuni si fanno ancora come 100 anni fa».a nostra categoria fino al 50% della capacità produttiva».

Un contesto noto anche al mondo dei 1610 ingegneri cuneesi. Sergio Sordo è presidente dell’ordine in provincia. Ma lui guarda con fiducia allo smart working che verrà: «Non eravamo preparati ad affrontare una digitalizzazione che in molti casi ha comportato disagi. Ma molti Comuni sono corsi ai ripari:

penso ad Alba che si è già attivata sull’informatizzazione del suo archivio, mentre i colleghi lavorano ormai stabilmente in video conferenze e webinar. Sono fiducioso: le crisi sono sempre un’opportunità da cogliere e questa deve diventarlo più di altrePure gli architetti faticano. Giancarlo Borra ha uno studio a Carrù: «La digitalizzazione è un problema che si ripercuote sui tempi già lunghi per ottenere pratiche e autorizzazioni.

 

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