Michael Esezebor ha la tessera sanitaria con il codice fiscale, un permesso di soggiorno temporaneo e la residenza nel centro accoglienza di Rocca di Papa. Della Nigeria dove è nato ventuno anni fa si porta dietro i ricordi difficili di una vita da cui è fuggito ma anche una competenza come assistente di farmacia.
Michael è ancora senza conto, prova a andare in banca. Ha un appuntamento fissato dalla referente del Baobab for Jobs, Michelle Müller. Dopo mezz’ora di attesa viene ricevuto. Di fronte alla richiesta l’addetta impallidisce.
Non va molto meglio agli altri nove richiedenti asilo in giro in quei giorni tra uffici postali e sportelli bancari di Roma. Tutti vengono respinti, due vengono richiamati e ottengono un appuntamento alle poste soltanto dopo aver ricevuto un reclamo via Pec da parte di Baobab Experience. Ora è in fase di preparazione un’azione legale, come annuncia il Segretario Nazionale di Codici Ivano Giacomelli: «Riteniamo che ci sia un diritto dei consumatori ad ottenere il conto corrente di base. Se Poste oppure le banche a cui viene richiesto questo tipo di prodotto continueranno ad opporre rifiuti ingiustificati o a forzare la mano per spingere il potenziale cliente verso prodotti più onerosi, ci attiveremo, perché questo comportamento è inaccettabile.
Poi le banche potranno far causa a BaobabExp per tutti quelli che aprono conti e lasciano chiodi o apposto così? Ma di preciso cosa serve un conto ad un rifugiato che è completamente mantenuto e spesato?
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